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Riflessioni sul Sanshin no kata

Leggendo un articolo che parlava del lavoro sul 五行の型 Gogyō no kata, 水の型 Sui no kata trovo:

“Il tuo lavoro sul Sanshin non sarà completo a meno che tu non conosca le 3 forme: 初心五型 Shoshin gokei; 五行の型 Gogyō no kata; 悟心の型 Goshin no kata”

Riportava inoltre che è importante lavorare la forma Ura del Sanshin perchè la maggior parte degli istruttori non conosce e di conseguenza, non la insegna.

Nel leggere queste parole, sono rimasto un pò perplesso e quindi ho iniziato a riflettere un pò su questa questione.

Il Sanshin è qualcosa che tutti conosciamo, alcuni lo chiamano Gogyô no kata e nel farlo dicono che sia la forma originale del Sanshin che proviene dalla Gyokko Ryû e cosi facendo differenziano il Kata del Ryû, dalla forma insegnata da Sensei nel TenChiJin no Maki. La cosa curiosa è che abbiamo molteplici forme che fanno riferimento a queste 5 tecniche.

La cosa sicura è che se uno cerca le risposte, le può trovarle anche da se, seguendo un filo conduttore, che come ultimo esempio credo sia quello che il Sōke desideri noi facciamo.

Abbiamo queste quattro definizioni o termini:

  • SANSHIN NO KATA 三心之型

  • SHOSHIN GOKEI 初心五型

  • GOGYŌ NO KATA 五行之型

  • GOSHIN NO KATA 護身之型

La cosa sicura è che di base tutti questi sono uguali, però evidentemente con il tempo si sono differenziati, non sò se da parte del Giappone (Il Sōke e gli Shihan Giapponesi) o da parte degli Shihan occidentali che sono sempre attenti a protocollare, aggiungere tematiche, classificare ed etichettare tutto.

Innanzitutto precisiamo che tutti i movimenti sono “Sayu” cioè la pratica sia dal lato destro che dal lato sinistro e che quando parliamo di forma Ura, parliamo di due concetti ben distinti. Da un lato lavoriamo la forma inversa alla forma classica, (Chi no kata si fà ad esempio con uno spostamento interno della guardia/attacco di Uke, la forma Omote sarebbe il poter realizzare questo stesso movimento dall’esterno della guardia senza perdere l’essenza (gokui), il punto essenziale o chiave (kaname) del movimento e i “Segreti” (Kotsu) di ogni movimento.

Qui dobbiamo capire quindi che i movimenti da studiare nel Sanhin no Kata sono quelli Ura e si realizzano all’interno della guardia di Uke (se andiamo esternamente alla guardia di Uke siamo in Omote).

Quando parliamo dell'aspetto Ura della tecnica intendiamo un po il vedere il lato occulto o invisibile di questi movimenti, vedere i suoi buchi, aperture, debolezze, cosi come lavorare il famoso no power che sempre ci ripete Shiraishi sensei.

Detto ciò, analizziamo questi quattro concetti o forme di riferimento a questa conoscenza congiunta dei cinque movimenti.

  • Sanshin no kata, 三心之型

Si concentra sul lavoro del braccio oscillante che esegue gli attacchi all’interno di ogni movimento specifico. Così si focalizza l’analisi di ogni movimento da tre punti di vista (sanshin) da tenere in considerazione:

a livello Gedan, piedi/gambe/ginocchia e tutto l’apparato locomotore inferiore sono una parte essenziale dell’equilibrio durante il movimento, cosi come il lavoro di piedi (Ashi Sabaki);

a livello Chudan, ci si focalizza sullo spostamento delle anche (Koshi Sabaki);

per ultimo, il livello Jodan, centrato a sua volta tra le spalle (Te Sabaki).

L’equilibrio e l’armonia tra questi tre punti di riferimento fa sì che la colonna vertebrale sia retta e adeguatamente posizionata per la massima efficienza di movimento. Shiraishi sensei è uno che enfatizza molto questi punti nelle sue lezioni. A sua volta questo Shihan fa riferimento alla” forma dei 3 cuori, spirito o anima” però soprattutto si concentra in tre punti fondamentali: Kamae, Uke Nagashi e il contrattacco (tecniche per colpire).

È in assoluto la forma più semplice e contemporaneamente più complessa da capire dal punto di vista biomeccanico del movimento.

  • Shoshin Gokei 初心五型

Questa è la pratica generale, quella che comunemente tutti chiamano Sanshin no Kata. Si tratta di ripetere in modo costante i movimenti cercando di trovare il ritmo, la fluidità e l’equilibrio tra tutti gli elementi che compongono questo movimento. Questi movimenti devono essere eseguiti senza aggiungere “teorie” sugli elementi. Qui abbiamo i nomi solo per una forma di identificazione di ogni movimento. È la forma più meccanica di lavoro che dobbiamo ripetere più intensamente, eseguendo i movimenti in tutte le direzioni, cambiando il ritmo e la velocità di esecuzione.

il Sōke Hatsumi ha detto che:

“è anche fonte di salute se si considerano questi movimenti come una parte della medicina tradizionale giapponese, che pretende di dare qualità al movimento corporale”.

Il Sōke dice inoltre: è buono come Taijutsu, non solo ti protegge dall’avversario, ma aiuta anche a proteggersi dagli effetti dell’età e da infortuni”. Sensei suggerisce di cominciare a fare questi movimenti in forma lenta, leggera come se si praticasse il Taichi. Di fatto qui potremmo aprire un secondo canale di analisi e dire che la pratica si arricchisce con il Shoshinsha no Kata, la forma di armonizzazione della respirazione con il movimento del corpo. Infatti, troviamo un collegamento con il Shoshinsha e il “sistema limbico” del cervello percependo i movimenti e la corretta collocazione delle distinte parti del corpo in armonia con la respirazione. Cerchiamo con questa pratica un’ottimizzazione del movimento attraverso questi mezzi e a questo livello che andiamo ad introdurre il movimento con le armi.


  • GoGyô no Kata五行之型

È il passo successivo o naturale di questa evoluzione. Qui abbiamo il lavoro in coppia. Si cerca con la pratica fatta in precedenza, in solitaria, di imporre il ritmo e l’intensità in base all’intenzione dell’Uke, in maniera dinamica come si è praticata fin ora. Dobbiamo praticare con le armi, contro le armi, a mano nuda e così via cercando sempre una maggiore comprensione degli angoli di spostamento e di come i concetti di distanza (kamae), blocco (uke nagashi) e contrattacco si fanno “più reali” in applicazione al nostro avversario in circostanze di maggior realismo e dinamismo.

  • Goshin no kata護身之型

Questa è la parte più “oscura”, rispetto a quelli che abbiamo visto fino ad ora, per mancanza di informazioni o per mancanza di interesse nello scoprire e allenare. Goshin significa letteralmente “auto-protezione” o “difesa personale”; con questo intendo che dobbiamo portare il movimento un passo avanti e applicarlo nelle situazioni odierne.

Il nostro Budo è in continua evoluzione e adattamento ai tempi che tocca vivere ad ogni generazione e, con questo, intendo dire che il Goshin no Kata è la forma che ci permette di sopravvivere mediante l’adattamento di determinati movimenti nella vita quotidiana. Cerchiamo di praticare i movimenti uno dopo l’altro in modo che escano in forma fluida e in modo naturale, senza che la mente intervenga (mushin), solo corpo e istinto di sopravvivenza. Poco a poco questo farà in modo che useremo questi movimenti in maniera “apparentemente disordinata”, però pienamente efficienti per l’uso in strada. Possiamo convertire la pratica in una specie di Jû Randori (allenamento leggero) con diversi aggressori e con differenti scenari o armi simulando la forma della difesa personale, come questa forma vuole.

Questo possiamo dire sia un 参考書 sankousho (un riferimento) per l’allenamento. Ogni istruttore dovrebbe allenare, praticare e meditare in profondità per trovare le sue risposte.

Sensei dice che:

“La pratica del Sanshin no kata deve permetterci di raggiungere il Satori” (l’illuminazione).

Qui entriamo nello studio dei cinque elementi che danno il nome e la ragione di essere il fondamento di ogni movimento. Sensei dice che è qualcosa che si deve studiare in parallelo e integrare questo studio alla pratica e apprendimento della parte più fisica di questi movimenti congiunti.

Lo shihan Duncan (Stewart), una persona di indiscutibile risolutezza nella Bujinkan, chiamò uno dei suoi seminari con argomento il Sanshin no Kata così: “Shoshin GoKei GoGyô Goshin no kata”, curioso vero?




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