KUJI-HŌ - Il Metodo delle Nove Parole
- Nesshin Ryu
- 4 apr
- Tempo di lettura: 7 min
Un ringraziamento speciale al Maestro Christian Russo per le informazioni accuratissime di cui ci ha fatto dono.

Il Potere dei Nove Segni tra Storia, Esoterismo e Arti Marziali
I "nove segni" (Kuji) rappresentano uno degli elementi più affascinanti e misteriosi del buddhismo esoterico giapponese, la cui eco è risuonata anche in Occidente, soprattutto grazie al suo legame, spesso enfatizzato dal cinema, con il mondo del ninjutsu. Ma il Kuji-Hō è molto più di un semplice gesto cinematografico: è un complesso rituale con radici profonde nella storia e nella spiritualità orientale, presente nei manuali tecnici di numerose scuole di arti marziali.
Con diverse interpretazioni e applicazioni a seconda delle scuole e delle correnti di pensiero, lo scopo primario del Kuji-Hō era quello di preparare la mente e il corpo a un evento specifico, offrire protezione, favorire la guarigione o, in alcuni casi, persino invocare la maledizione. Per comprendere appieno la sua ricchezza, è necessario esplorarne le origini e le diverse forme in cui si è manifestato nel corso dei secoli.
Le Radici Lontane: Dai Mudrā Indiani al Daoismo Cinese
La pratica di intrecciare le dita in gesti carichi di significato simbolico affonda le sue radici in tempi antichissimi, manifestandosi in diverse culture in tutto il mondo. In India, nell'ambito induista e buddhista, questi gesti rituali prendono il nome di mudrā. Essi rappresentavano un potente mezzo di comunicazione non verbale, capace di trasmettere concetti complessi e appartenenza a una comunità spirituale.
Questi mudrā, con la loro forte carica simbolica, vennero naturalmente integrati nelle arti performative e nell'iconografia religiosa. In Oriente, la concezione olistica che lega mente, corpo e spirito attribuiva a questi gesti un potere che andava oltre la semplice comunicazione, influenzando persino lo stato interiore di chi li compiva.
È nel daoismo cinese che il Kuji, nella sua forma verbale, inizia a prendere forma. La sequenza completa di nove fonemi compare per la prima volta nel poema daoista "Bao Pu Zi" ("Il Libro del maestro che abbraccia la semplicità"), scritto da Ge Hong (280-340 d.C.). Nel diciassettesimo capitolo, dedicato all'ascensione di montagne e all'attraversamento di fiumi, l'autore introduce queste nove parole come una preghiera rivolta ai sei dèi daoisti (i generali dello yang), con lo scopo primario di invocare la protezione divina contro le forze avverse. La formula recitava: "臨兵斗者,皆陣列前行" (lín bīng dòu zhě, jiē zhèn liè qián háng).
In Giappone il daoismo permeò come molte filosofie e religioni dal "Vecchio Continente" e qui si intrecciò a diverse correnti e elaborazioni. Con esso, la formula delle nove parole rimase invariata, la cui pronuncia divenne Rin (臨), Pyō (兵), Tō (闘), Sha (者), Kai (皆), Jin (陣), Retsu (列), Zai (在), Zen (前) e associata a talismani, litanie, visualizzazioni, gestualità (tagli) o intrecci ("sigilli") con le mani. Scopi dichiarati rimasero la protezione da forze avverse in preparazione ad un importante compito, o l'esorcismo.
Le diverse nomenclature del Kuji-Hō
Nel corso della sua evoluzione e diffusione in Giappone, il Kuji ha assunto diverse denominazioni, spesso legate al contesto specifico della sua pratica. Ecco un elenco delle principali nomenclature che si possono incontrare:
Kuji (九字): Tradotto letteralmente come "nove caratteri" o "nove parole". Questo è il termine più generale e si riferisce alla sequenza originale delle nove parole cinesi.
Kuji-Hō (九字法): "Il metodo delle nove parole" o "la legge dei nove caratteri". Questo termine indica l'insieme delle pratiche e dei rituali che utilizzano i nove segni.
Kuji In (九字印): "I sigilli delle nove parole". Si riferisce alla combinazione delle nove parole con specifici gesti delle mani (shu-in o ketsu-in, i mudrā induisti).
Kuji Kiri (九字切り): "I tagli delle nove parole". Indica una forma semplificata del Kuji-In in cui le dita vengono utilizzate per tracciare una griglia di tagli immaginari nell'aria, con l'intento di "tagliare" le influenze negative.
Kuji no Shingon (九字の真言): "I mantra delle nove parole". Si riferisce alle litanie o formule (mantra) associate a ciascuno dei nove sigilli, utilizzate durante la meditazione.
Kuji Kan (九字観): "La contemplazione delle nove parole". Indica la pratica di visualizzare le nove parole durante la meditazione.
Heihō Kuji-Hō (兵法九字法): "Il metodo delle nove parole nelle arti marziali". Questo termine specifica l'applicazione del Kuji-Hō nel contesto marziale: in preparazione a una battaglia, per sventare un maleficio o salvare la vita.
Kuji Goshinpō (九字護身法): "Il metodo protettivo delle nove parole". Sottolinea l'aspetto difensivo e protettivo del rituale.
Dōkyō Kuji (道教九字): Si riferisce all'applicazione del Kuji nel contesto del daoismo giapponese (Dōkyō).
Mikkyō Kuji (密教九字): Indica l'utilizzo del Kuji nell'ambito del buddhismo esoterico (Mikkyō), in particolare nella setta Shingon.
Shugendō Kuji (修験道九字): Si riferisce alla pratica del Kuji all'interno dello Shugendō, una forma di ascetismo sincretico giapponese.
Ryobu Shintō Kuji (両部神道九字): Indica l'uso del Kuji nel Ryobu Shintō, una fusione tra buddhismo e shintoismo.
Onmyodō Kuji (陰陽道九字): Si riferisce all'applicazione del Kuji nell'Onmyodō, la Via dello yin e dello yang, che incorpora elementi daoisti e buddhisti.
Kuji In: Quando le Parole Prendono Forma
In Giappone, il Kuji si è evoluto integrando i mudrā, i gesti sacri delle mani. Questa combinazione di parole e gesti è nota come Kuji In o Kuji no In. Sebbene la precisa origine di questa associazione non sia del tutto chiara, è possibile che sia avvenuta già in ambito daoista o nello Shugendō. L'utilizzo dei mudrā permetteva di dare una forma fisica e visiva alle nove parole, potenziandone l'efficacia simbolica.
Ogni tradizione associa sigilli specifici alle nove parole. I più comuni sono:
Rin (臨): Dokkō-In (独鈷印) - Sigillo del fulmine
Pyō (兵): Daikongorin-In (大金剛輪印) - Sigillo del grande fulmine
Tō (闘): Gejishi-In (外獅子印) - Sigillo del leone esterno
Sha (者): Naijishi-In (内獅子印) - Sigillo del leone interno
Kai (皆): Gebaku-In (外縛印) - Sigillo dei legami esterni
Jin (陣): Naibaku-In (内縛印) - Sigillo dei legami interni
Retsu (列): Chiken-In (智拳印) - Sigillo del pugno della saggezza
Zai (在): Nichirin-In (日輪印) - Sigillo dell'anello del sole
Zen (前): Ongyō-In (隠形印) - Sigillo della forma nascosta o dell'invisibilità
Questi sigilli sono spesso associati a specifici pianeti, punti cardinali e divinità, creando una complessa rete di corrispondenze simboliche.

Kuji Kiri: Il Taglio Energetico
Un aspetto del Kuji particolarmente noto in Occidente, almeno nel nome, è il Kuji Kiri. Questa pratica rappresenta una gestualità associata alle nove parole ma separata dal Kuji-In (gli intrecci con le mani) e consiste nell'utilizzare le dita per tracciare quattro linee verticali e cinque orizzontali (o viceversa, a seconda del genere dell'officiante) nell'aria, formando una griglia immaginaria chiamata Dōman. Questo gesto simbolico viene eseguito con l'intento di "tagliare" le influenze negative e la loro energia vitale (inki).
Il rituale inizia con la formazione del Tō-In (刀印), un sigillo che simboleggia una spada infoderata. L'officiante "sfodera" la spada e traccia le linee della griglia, associando ogni linea a una delle nove parole. Al termine dei nove "tagli", la griglia viene circondata da un cerchio e tagliata diagonalmente recitando la formula "a-un" ("inizio e fine").
Jūji: La Decima Parola e il Controllo
In una variante del rituale, detta Jūji ("dieci caratteri"), viene aggiunto un decimo segno. Questo segno è un kanji tracciato al centro della griglia Dōman e rappresenta l'entità negativa o l'obiettivo che si desidera annientare o controllare. I kanji utilizzati variano a seconda dello scopo del rituale, spaziando dalla protezione alla vittoria, fino al controllo di spiriti o malattie.
Kuji no Shingon: La Forza dei Mantra
La pratica del Kuji può declinarsi nella recitazione di mantra (in giapponese shingon o jumon), delle formule sacre che facilitano la concentrazione e la respirazione durante la meditazione. Un mantra specifico viene associato a ciascuno dei nove sigilli del Kuji In: una litania che potenzia l'effetto del rituale.
La Pratica del Kuji-Hō: Un Rituale Multifattoriale
Il Kuji-Hō, nella sua essenza, è un metodo che può assumere diverse forme e scopi. In ambito guerriero, veniva praticato come rituale propiziatorio prima della battaglia, ma anche come tecnica meditativa per raggiungere uno stato mentale ottimale. A differenza di altre forme di meditazione, il Kuji non mira al vuoto mentale, ma alla focalizzazione dell'energia fisica, emotiva e intellettuale verso un obiettivo specifico.
Da un punto di vista fisiologico, la combinazione di gesti isometrici e tecniche respiratorie può contribuire a generare calore corporeo, energia e benessere. Come rito di protezione individuale - Kuji Goshinpō, veniva praticato prima di affrontare situazioni pericolose, come rituale esorcistico e, in alcune tradizioni, persino come parte di riti di maledizione.
Tracciare l'Amuleto, Possedere la Protezione
In un Giappone arcaico, la protezione spirituale era affidata a diverse forme rituali. Tra queste, gli amuleti tracciati su carta o stoffa, spesso con simboli come la griglia Dōman o la stella a cinque punte Seiman, erano particolarmente diffusi. Questi amuleti potevano essere bruciati, portati con sé o applicati su oggetti e armi. Il guerriero invocava la protezione divina anche attraverso incantesimi e l'uso di caratteri sacri (bonji).
Il Kuji-Hō è un affascinante esempio di come pratiche spirituali e religiose, credenze popolari e tecniche marziali si siano intrecciate nella storia del Giappone. Dalle sue radici nei mudrā indiani e nella formula daoista cinese, fino alle sue diverse manifestazioni come Kuji In, Kuji Kiri e Kuji no Shingon, il Kuji rappresenta un potente strumento simbolico e rituale, capace di influenzare la mente, il corpo e lo spirito di chi lo pratica. Che si tratti dell'iconografia di un guerriero in procinto di affrontare la battaglia, di un monaco in meditazione o di un praticante di arti marziali alla ricerca della concentrazione, il Kuji-Hō continua a esercitare un fascino intramontabile, testimoniando la ricchezza e la complessità della tradizione culturale, spirituale ed esoterica giapponese.
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